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Titoli Nobiliari: Nobili

Il titolo di nobile, antichissimo, è il primo gradino dell'ascesa nobiliare e veniva concesso grazie a particolari meriti conseguiti per opere compiute in favore della Patria. La classe dei nobili era ben distinta dalla classe borghese e poteva fregiare la propria casa con il loro emblema o stemma.

Con la normativa successiva alla proclamazione del Regno d'Italia, che ha coordinato gli ordinamenti araldici vigenti negli stati preunitari, il titolo di "nobile" o "nobiluomo" (abbreviato comunemente N.H. o N.U.) viene riconosciuto come titolo autonomo, quale grado più basso e iniziale, della gerarchia nobiliare. Il titolo risulta quindi ammessibile dalla Consulta (articolo 8 del regolamento della Consulta araldica, approvato con regio decreto del 8 maggio 1870). Il titolo di nobile spetta inoltre ai figli non primogeniti dei nobili aventi titoli trasmissibili solo per ordine di primogenitura.In questo caso il figlio non primogenito avrà diritto al titolo di "nobiluomo dei..." seguito dal titolo spettante al primogenito.Questa norma costituì una vera innovazione allorché venne stabilita dal citato regolamento all'art. 20. Precedentemente l'uso prevedeva generalmente per il figlio primogenito, vivente il padre, lo stesso titolo paterno, e per gli altri figli il titolo di cavaliere. Alcune famiglie, dotate di più titoli nobiliari e feudali, usavano distinguere il figlio dal padre col titolo di un altro feudo.

In araldica nell'arma di nobile (propriamente detto) l'elmo é d'argento non arabescato, bordato d'oro; la corona é cimata di 8 perle (di cui 5 visibili); é tollerata la corona con le perle sorrette da altrettante punte, ovvero un eguale numero di punte sprovviste di perle.

Studi Calabresi
Forum del Circolo di Studi Storici "Le Calabrie"

Il suffeudo in Calabria e nella Diocesi di Gerace

Per quanto riguarda il primo aspetto, la materia feudistica gode di una bibliografia antica e vasta; uno studio assai puntuale, con riferimenti anche ad alcuni grandi autori della tradizione è quello di CARMELO ARNONE, I titoli nobiliari calabresi ed il loro trapasso durante i secoli, in Rivista Araldica, Aprile 1949, Anno XLVII, n.4, pp.107-112.

Cito dall'articolo: "Il feudo poteva essere concesso secondo la terminologia di Andrea d'Isernia, seguita dagli altri feudisti, o immediatamente dal sovrano, o mediatamente dal sovrano e immediatamente dal barone. Il feudo mediato nei confronti del sovrano era chiamato suffeudo. Nelle costituzioni fridericiane il feudo concesso direttamente dal re è chiamato Tenere in capite a Rege; quello concesso mediatamente dal re e immediatamente dal barone, o dal solo barone, è chiamato Tenere ab alio". (Si vede come non si configurerebbe una differenza di qualità trai due, che forse si deve alla dottrina posteriore,giacchè i titoli di derivazione baronale furono regolarmente venduti ed acquistati).

Giovanni Grimaldi ,dell’antica famiglia dei Signori di Missimeri, asserisce:
-Ho iniziato ad interessarmi dei suffeudi quando iniziai gli studi sui Grimaldi calabresi (suffeudatari di Missimeri o Messimeri, nel feudo Stefanaconi, nel contado di Soriano calabro, secondo V. Mezzatesta).
(Da vedere anche "Archivio storico per la Calabria e la Lucania", v.57-58 aa. 1990-91, pag. 108 e seg.)

L'argomento inoltre è davvero molto interessante proprio perchè coinvolge tutta una serie di famiglie che storicamente furono spesso identificate fra le famiglie nobili e feudali e quelle famiglie notabili che ebbero il possesso di un suffeudo.

Ma sono proprio questi patrimoni che sono stati spesso oggetto di particolare attaccamento a realtà locali, cittadine, e tramandati per secoli nella stessa famiglia o nei loro discendenti, che attraverso i secoli e l'uso, vennero spesso definiti "baroni", formalmente tali fino all'abolizione della feudalità e spesso “opinio loci” anche dopo.-
Insomma nel ‘46 alla fine dello Stato Monarchico conservarono il loro status baronale come tutte le altre famiglie blasonate ed, in certi contesti anche,in modo pressocchè immutato,nel titolo e nel patrimonio.
Basti pensare a Calabria e Sicilia.
Sul tema abbondano le pubblicazioni nel corso dei secoli :ricordiamo il volume di Marino Freccia "De subfeudis baronum, & inuestituris feudorum. Quibus accesserunt nonnulli Tractatus aurei, ac singulares - Venezia, 1579,
e quello di Paolo Gusella, Un trattato feudale secentesco: il "De Subfeudis" di Andreas Kohl; rel. G. Di Renzo Villata - Milano - 1989


Per quanto riguarda i suffeudi della Calabria e Gerace citiamo il lavoro di Mario Pellicano Castagna, "Araldica moderna della Locride", in Scritti storico-nobiliari, ed. Frama Sud, 1984, già in Storia e cultura della Locride, a cura di Giuseppe Calogero, Messina, La Sicilia, 1964.

fonte Forum del Circolo di Studi Storici "Le Calabrie